1994, ultimi secondi di Italia-Spagna. Mauro Tassotti colpisce Luis Enrique. L’arbitro non vede. La prova tv sì. E nasce una squalifica record
Ci hanno messo 17 anni per fare la pace. Perché il calcio sa coltivare i rancori e quello di Luis Enrique è durato tanto. Forse perché quella gomitata che gli rifilò Mauro Tassotti gli spaccò il naso, ma fu un colpo inferto soprattutto all’anima. La Spagna stava perdendo 2-1, quel gesto esageratamente cattivo dell’azzurro avrebbe potuto determinare un rigore, la conseguente espulsione e più che probabili tempi supplementari con l’Italia costretta all’inferiorità numerica. Non deve essere il massimo vedersi il sangue addosso e la valigia pronta per tornare in patria. A 24 anni ti deve sembrare insopportabile che un giocatore di 10 anni più anziano utilizzi questi mezzi per farti fuori. E, quindi, non vuoi proprio più sapere di lui.
Così, nessun stupore che i due si ritrovino una volta negli Stati Uniti e che Luis Enrique non accetti le scuse del milanista. Poi, però, quando c’è Roma-Milan nel 2011-12 e i due sono due allenatori (l’uno grande promessa che non sta benissimo, l’altro vice che vuole restare tale), la stretta di mano arriva. Anche se Tassotti l’aveva capita quella rabbia, giustificando l’accaduto così, a tanti anni di distanza: “Non potrai mai sapere come andrà a finire un’entrata su un avversario. Di sicuro non c’era premeditazione, è stata una cosa istintiva. Cercavo di guadagnare una posizione in area, ricordo che il finale di quella partita era concitato, gli spagnoli volevano il pareggio a tutti i costi. Mi sono sentito tenere per la maglia e ho allargato il braccio”.
Ma col senno di poi, quel gomito cattivo e quella squalifica record di 8 giornate, è tutta colpa di Arrigo Sacchi. Fu lui a convocare a sorpresa Tassotti per la spedizione americana. E il terzino milanista la raccontò così, vent’anni fa, quell’improvvisa chiamata: “A inizio stagione i giornali non mi mettevano fra i titolari del Milan, figurarsi in nazionale. Questo Mondiale lo prendo come un risarcimento: per anni ho giocato bene, ma il modulo della nazionale non prevedeva un difensore come me. Adesso, invece, è il contrario: non sono tanti i difensori che Sacchi può inserire nel suo gioco senza timori. Così è restato a casa Ferrara, che è fortissimo ma paga la scarsa abitudine alla zona”. Oltre al cul de Sac di quell’edizione Mondiale, quindi, è giusto rivalutare anche il gomito, anche perché Tassotti rivelò che il Ct non gli disse nulla a fine partita, neanche un rimprovero. Per la serie: la semifinale giustifica i mezzi…